venerdì 13 maggio 2011

La Culla Vuota...

E' passata una settimana da quando e' nata la piccola dolcissima e paffuta (per quanto prematura) Giulietta. Purtroppo le complicazioni preannunciate dai medici durante la gravidanza, motivo del parto pretermine, si sono verificate in lei, ed e' tutt'ora ricoverata in ospedale, non abbiamo idea di quanto tempo occorrerà prima che sia considerata fuori pericolo. Certo ora riesco un po' a parlarne, a scriverne almeno, ma fino a qualche giorno fa il groppo alla gola mi impediva di comunicare in qualunque modo ciò che ho dentro.
Per assurdo, uno dei momenti emotivi peggiori in questi casi (e ohimè parlo al plurale perché il tutto mi e' già successo con il primo figlio) e' quello che dovrebbe essere il più calmo e rasserenante per una mamma, e cioè il rientro a casa dopo le proprie dimissioni. Specie se il proprio ricovero e' stato più lungo di quelli di una "normale" partoriente... NORMALE.... Quante volte ho ripetuto in me questo concetto negli ultimi giorni, quante volte ho pensato a come avrei desiderato questa volta una situazione, una nascita, un parto del tutto "normale" come per tutti gli altri genitori che ogni giorno qui in ospedale vedo tornare a casa gioiosi e sereni con il proprio bimbo in braccio. Invece arriva il momento per chi come me vive questo tipo di difficoltà, in cui bisogna tornare a casa, "a mani vuote". E questo fa innescare una reazione quasi involontaria, specie nell'istante in cui apri la porta della cameretta che avevi preparato immaginando il luogo più confortevole e felice per l'inizio di una nuova vita, e vedi la culla, VUOTA. Vuota come la pancia, in cui almeno fino a qualche giorno prima potevi sentire la presenza della vita in arrivo. Ora no. Non Puoi sentirla, non puoi vederla, non e' ne' in te ne' accanto a te. Sai che l'unico posto dove può stare in questo momento, per la sua sicurezza, per le cure necessarie, e' quell'ospedale, e non puoi fare altro che accettarlo, ma non avresti mai voluto vivere e farle vivere una fase così, specie se l'hai già provata una volta. Specie se questa seconda volta e' stata causata da un errore medico e non da fattori naturali, per cui la rabbia si moltiplica fino ad esplodere. Ma che altro fare, se non dividersi in questa emergenza tra l'importanza di entrambi i figli, organizzarsi, partire la mattina presto per l'ospedale, lasciando l'altro bimbo alle cure dei nonni o del padre, ri-affrontare le attese interminabili nei corridoi, per poter trovare un medico disponibile a dare nuove informazioni, o per poter far visita a tua figlia se e' accessibile il TIN (reparto di terapia intensiva neonatale). Mettere in conto che anche se aspetti ore ed ore potresti non aver modo di vederla o toccarla perché potrebbero esserci emergenze o interventi chirurgici per cui il reparto resta chiuso. E allora mandare giu' l'appuntamento/tortura con il tiralatte, nella speranza di poterle almeno offrire a distanza il nutrimento migliore. E se poi va bene, e puoi vederla, la sensazione estraniante della routine meccanica con cui si entra, si chiede il permesso di vedere la bimba che hai messo al mondo, ci s infila un camice usa e getta, para-scarpe, disinfettante, e si attende ancora qualcuno che ti faccia avvicinare all'incubatrice. I tempi si dilatano, i minuti sembrano giorni, tranne quando le sei finalmente vicino. Quel momento dura sempre un battito di ciglia nella tua testa. E purtroppo e' disturbato dalle solite domande a cui vuoi cercare costantemente risposta: quanto pesa oggi? E' ancora calata? E i valori del sangue? Quanti prelievi ha fatto? Risposte che non sempre puoi avere, ma lo devi accettare. In realtà dentro te hai una sola, unica domanda: quando potrò portarla a casa con me? Ma non hai il coraggio di chiederlo: sentirsi dire che l'attesa e' ancora lunga e' troppo lacerante. Mandare via l'istinto di prendere a testate tutte le mamme dei bambini "sani" che si lamentano per ogni banalita' : "ma perche' gli avete dato il ciuccio? Ma perche' gli avete tolto il ciuccio? Ma perche' gli avete messo il pigiamino di ieri? Ma perche' devo aspettare 72 ore per portarlo a casa? Ma perche' mangia poco (bimbi nati di 4kg)" (...)
E poi via, un'altra sosta tra i corridoi o nella saletta dedicata ai genitori dei "lungo-degenti", aspettando il prossimo turno di visite, sperando di avere notizie migliori. Si cerca qualche distrazione, e forse per questo hanno attaccato alle pareti tante foto e racconti di bimbi prematuri e con situazioni molto gravi, poi risolte con lieto fine. Sarò strana io, ma in questa situazione tutto desidero tranne leggere altre storie ancora più dure della mia, e quasi sempre nel vedere quelle foto, distolgo subito lo sguardo. Poi c'e' l'ansia di dover rientrare a casa evitando di incontrare vicini e parenti che non vedendo piu' il pancione ti riempiono di domande a cui non vorresti rispondere per non esplodere in un momento inopportuno: "ma allora e' nata? E dove sta? E quanto pesa? E ha gia' i capelli? (giuro che chiedono anche questo) e possiamo venire a vederla? E quando ce la fai vedere?" (...)
Al pomeriggio inoltrato arriva il momento di darsi "il cambio" con il papa', sia per dar modo a lui di vedere eventualmente la bimba, sia per non stare tutto il giorno lontano dal tuo primo figlio, che ha comunque bisogno di te (e tu di lui). La sua presenza (così bello e sano ora, nonostante quanto ha passato anche lui all'inizio) ti conforta, ma anche tu devi confortare lui, rispondere alle sue domande, perché sa che ora ha una sorellina ma non l'ha ancora mai vista, e non capisce perché per i suoi amici non e' stato così, ed e' preoccupato per lei e per te, perché comunque ti vedere triste, o in qualche modo "diversa" dalla mamma di sempre. Come una mamma a meta', perché l'altro pezzo rimane in quell'ospedale a sperare, ogni giorno, in ogni ora. Fare finta che vada tutto bene, per la sua serenità, e' una delle missioni più difficili. Ci si nasconde, con gli occhi chiusi, in alcuni momenti, per non far filtrare l'angoscia all'esterno, verso di lui. E a volte fa bene un appiglio, un piccolo appiglio di ricordo piacevole in tutto questa storia, la canzone che c'era in sala operatoria, alla radio, mentre Giulietta nasceva, il 5/5 alle 5 di pomeriggio: fiore di Maggio.
Oltre a questo ti resta l'osservare chi hai accanto, tuo marito, la sua dedizione e il suo conforto, e tutto quello che fa per farti pesare il meno possibile questa condizione: vedendo questo, realizzi quanto, in tutto l'incubo, ne valga comunque la pena.

1 commento:

  1. un bacino alla piccola dolcissima paffuta Giulietta
    Lucilla

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